Quando salutiamo qualcuno con un inchino abbiamo l’opportunità di essere presenti a quella persona e di riconoscere in noi e in lei la capacità di essere pienamente consapevoli. Non ci inchiniamo solo per cortesia o per diplomazia ma per riconoscere il miracolo di essere vivi e il potenziale di risveglio che è in ognuno. Inchinarsi o non inchinarsi, non è questo il problema: L’importante essere in presenza mentale.
Quando vediamo una persona giungere le mani per inchinarsi a noi, possiamo fare lo stesso certo. Giungendo le mani e ispirando, diciamo: ” Un loto per te.” chinando il capo ed espirando diciamo ” Futuro Buddha”. Lo facciamo in presenza mentale, pienamente consapevoli che quella persona si trova lì di fronte a noi. Ci inchiniamo con un cuore pienamente sincero. A volte ci viene di inchinarci in questo modo anche quando sentiamo un profondo legame con ciò che abbiamo davanti, quando proviamo un senso di reverenza per le meraviglie della vita un fiore o un tramonto, un albero o le fresche gocce di pioggia, per offrire la nostra presenza e gratitudine. Quando ci inchiniamo l’immagine del Buddha in realtà stiamo cercando la nostra intrinseca capacità di risveglio. Indirizzare al Buddha un gesto di rispetto, quando lo si comprende e lo si pratica in questo senso, non è soltanto un atto di devozione ma anche una pratica di saggezza. Inchinandoci ai grandi bodhisattva entriamo in contatto profondo con le qualità che esse rappresentano e proviamo una profonda gratitudine per chi ne segue l’esempio. Esperimento rispetto per il grande bodhisattva mostiamo anche la determinazione a praticare il loro stesso sentiero, “la via del bodhisattva” coltivare in noi l’energia della comprensione, dell’amore e della compassione. Inchinarsi in questo spirito è una pratica di meditazione.

Pratiche di Consapevolezza~ Thich Nhat Hanh
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